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È il 4 dicembre del 1816 quando Otello, ossia il Moro di Venezia di Gioachino Rossini, opera seria in tre atti, seconda di una serie di nove opere composte per Napoli, viene eseguito per la prima volta al Teatro del Fondo, vista la momentanea inagibilità del San Carlo a causa di un incendio.
Il soggetto è tratto dalla fortunata pièce Othello, ou Le More de Venise di Jean-François Ducis, traduzione e riduzione francese dell’omonima tragedia di Shakespeare, andata in scena a Parigi nel 1792 e da cui Francesco Berio di Salsa ricava il suo libretto incentrandolo sulla storia della fanciulla calunniata che muore innocente.
Il compositore in quel periodo è reduce da alcuni fiaschi romani (Torvaldo e Dorliska, il Barbiere di Siviglia e La gazzetta), ma decide comunque di rischiare rivolgendosi a un nuovo pubblico più colto, già orientato verso la nuova cultura pre-romantica, e compone Otello in tutta fretta in sole tre settimane, tenendo l’impresario Domenico Barbaja con il fiato sospeso fino all’ultimo. Tra ritardi e imprevisti vari, lo spettacolo è un successo e viene accolto positivamente persino il finale tragico voluto da Rossini, in cui Otello mostra in scena il cadavere di Desdemona e si suicida.
Nonostante la compresenza di tre ruoli tenorili importanti nello stesso spettacolo, Andrea Nozzari (Otello), Giuseppe Ciccimarra (Jago), Giovanni David, (Rodrigo), è una donna al centro dell’Otello rossiniano, il soprano Isabella Colbran (Desdemona), che con la sua interpretazione appassionata, volta a conferire tutta la sua forza tragica al soggetto interpretato, contribuisce al successo dell’opera.
Il personaggio di Desdemona appare come la figura più contemporanea, una sfortunata eroina romantica ante litteram, una creatura sofferente capace di esprimere un intenso pathos tragico, una parte che celebri cantanti dell’epoca hanno contribuito a rendere ancora più centrale, quali Giuditta Pasta, Maria Malibran, Teresa Stolz.
Tra il 1816 e il 1890 dell’Otello di Rossini si contano 291 produzioni, più le numerose repliche, che fanno di questo titolo, con Semiramide, l’opera seria del pesarese più rappresentata (87 città, 26 nazioni e cantata in 8 lingue), almeno fino a quando il dramma omonimo di Verdi ne segna il declino, fino alla sua rinascita nel secondo dopoguerra.
Pubblicata il : 2 agosto 2022