Ermione
Soggetto
Ermione, azione tragica in due atti su libretto di Andrea Leone Tottola, fu rappresentata per la prima volta al Teatro San Carlo di Napoli il 27 marzo 1819.
Interpreti della prima rappresentazione furono Isabella Colbran (Ermione), Rosmunda Pisaroni (Andromaca), Andrea Nozzari (Pirro), Giovanni David (Oreste), Giuseppe Ciccimarra (Pilade), Michele Benedetti (Fenicio), Maria Manzi (Cleone), De Bernardis (Cefisa) e Gaetano Chizzola (Attalo).
Il soggetto è tratto dalla tragedia Andromaque di Jean Racine.
Atto Primo
Pirro, figlio di Achille e re dell’Epiro, malgrado abbia promesso la propria mano ad Ermione, figlia di Menelao, si è invaghito della prigioniera troiana Adromaca, vedova di Ettore. All’inizio dell’opera, in un sotterraneo, i prigionieri troiani rammentano la grandezza della patria e lamentano la loro sventura. Giunge Andromaca, accompagnata da Attalo e Fenicio. Le è concesso trascorrere qualche istante col figlio Astianatte. Attalo le consiglia di deporre il lutto e di pensare ora all’avvenire del figlio, ma è interrotto da Fenicio che ha ben compreso che Attalo intende secondare l’amore di Pirro per Andromaca, un amore inviso ai Greci e dal quale non potrà derivare altro che una nuova guerra.
All’esterno della reggia le donzelle invitano Ermione a godere della caccia, tuttavia la Principessa è in preda alla gelosia. Quando giunge Pirro gli rimprovera il suo amore per Andromaca e minaccia vendetta. Ma Pirro non è avvezzo a tremare, anche se è turbato dall’annuncio dell’arrivo di Oreste, messaggero dei Re di Grecia. Nella reggia Oreste ha un solo desiderio: rivedere Ermione, che ama invano da tempo, ma Pilade lo invita a frenarsi e a pensare piuttosto al compito che la Grecia gli ha affidato. Entra Pirro col suo seguito e con grande ira di Ermione invita Andromaca a sedere tra i Grandi. Oreste espone l’ambasciata: i Re della Grecia vogliono la morte del piccolo Astianatte perché da quel «virgulto» non risorga la potenza di Troia. Pirro respinge la richiesta e manifesta anzi pubblicamente il suo amore per Andromaca e l’intenzione di sposarla. All’esterno della reggia Cleone consiglia a Ermione di affidare a Oreste la vendetta. Quando Oreste le esprime il suo amore, Ermione non sa ancora decidersi, eppure lo accoglie benevolmente. Rientra Pirro col suo seguito. Poiché Andromaca, fedele alla memoria di Ettore, rifiuta la sua mano, ha deciso di consegnare Astianatte ad Oreste e di riconciliarsi con Ermione. Ma quando le guardie conducono Astianatte, l’amore materno ha il sopravvento su Andromaca che supplica Pirro di concederle un ripensamento. Pirro ne è felice, mentre costernazione e furore dominano gli animi di Ermione e di Oreste.
Atto secondo
Nell’atrio della reggia Pirro accoglie con gioia l’annuncio che Andromaca acconsente finalmente a divenire sua sposa e ordina che si appresti il rito. In realtà Andromaca vuole che Pirro giuri sull’ara la salvezza di Astianatte, poi si darà la morte. Intanto Ermione è preda di opposti sentimenti: l’amore per Pirro, il desiderio di morire, quello della vendetta. Quando passa il corteo nuziale di Pirro ed Andromaca, in preda all’ira, invita Oreste ad uccidere il traditore. Subito si pente e il suo animo si piega ancora al perdono. Invano, perché Oreste le si presenta col pugnale intriso del sangue di Pirro. Sconvolta, Ermione lo rimprovera di non aver compreso i suoi veri sentimenti e prima di accasciarsi al suolo svenuta, invoca le Erinni che puniscano l’autore del misfatto, mentre Pilade e i suoi trascinano Oreste verso la nave per sottrarlo all’ira del popolo.